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Velut Luna

GIANT MOON - 30° ANNIVERSARY

GIANT MOON - 30° ANNIVERSARY

€ 18,00

GIANT MOON - 30° ANNIVERSARY Tracce CD: 01 GIANT MOON 02 MOONGLOW Will Hudson, Irving Mills 7:49 03 MOONLIGHT IN VERMONT John Blackburn, Karl Suessdorf 4:25 04 TINTARELLA DI LUNA Franco Migliacci, Bruno De Filippi 5:50 05 MOONLIGHT SERENADE Mitchell Paris, Glenn Miller 5:15 06 THE SUNNY SIDE OF THE MOON Massimo Salvagnini 5:18 07 DONATA WALKS ON THE MOON Massimo Salvagnini 6:13 08 DESTINATION MOON Roy Alfred 6:55 Tot. Time: 49:03   Massimo Salvagnini, tenor saxophone Sandro Gibellini, guitar Giorgio Panagin, double bass Roberto Facchinetti, drums   88.2kHz / 24bit original recording made at Magister Recording Area, Preganziol, Italy, on February, 20, 2010   Production: Marco Lincetto for VELUT LUNA Recording, mix and mastering: Marco Lincetto Photo: Marco Lincetto Design and Layout: L’Image     Quando l'amico Marco Lincetto mi ha mandato questa musica perché ne potessi scrivere qualcosa, la mia mente ha imboccato una direzione apparentemente semplice e riduttiva, basata sulle quantità. Quanti bei CD ha prodotto Marco? Quanti di questi sono legati a Massimo Salvagnini? A quanti di questi ho scritto un'introduzione? La fase successiva, data la mia età, è stata il chiedermi "quanto ancora"? Quanti Cd mi potrò ancora commentare? Quanti bei CD potrà ancora produrre Marco? E quanta musica potrà ancora registrare Salvagnini? Come si vede facilmente, lo spostarsi del cursore lungo la linea del tempo ci porta ad intuire che il valore dei nostri atti, e perfino le nostre intenzioni, dipende dalla prospettiva dalla quale li abbiamo compiuti. Il primo CD è diverso dall'ultimo. Ci piacerebbe poter rimanere sempre in una prospettiva senza fine, ma arriva il punto in cui si capisce che la storia andrà avanti senza di noi, e che forse qualcuno con del tempo da perdere potrà rimettere in ordine le nostre vite in un modo che per noi stessi è impossibile. L'aspetto stupendo di queste riflessioni, fatte ascoltando i brani di questo CD, è che solo alla fine mi sono accorto che da sempre gli esseri umani si sono fatti domande del genere mentre osservavano la Luna, sapendo che quella grossa palla che ci gira attorno continuerà a girare a lungo anche dopo che il brusio delle nostre vite sarà terminato. In qualche modo, in questa musica ho ritrovato proprio questo stato mentale, anzi, un vero sentimento. Radu Lidjienko Londra 2014

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GOLD FINGERS - 30° ANNIVERSARY

GOLD FINGERS - 30° ANNIVERSARY

€ 39,00

GOLD FINGERS - 30° ANNIVERSARY Disponibile in: AUDIOPHILE VINYL - LIMITED EDITION CON FILE MASTER HD (prevendita) FILE MASTER HD (con 4 tracce extra) Autori: H. HUPFELD, J. BARRY, J. MANDEL, R. ORBISON, R. SHERMAN, L. ROBIN - J. STYNE, J. KANDER - F. EBB Esecutori: MASSIMO SALVAGNINI QUINTET, P. LAQUIDARA   Considerazioni introduttive di Radu Lidjienko Il cinema è entrato in noi perché è fatto di immaginazione, fantasia, sogno, illusione, cioè le stesse cose di cui è fatta la nostra vita. Siamo sempre immersi in fantasie di ogni genere, da positive a negative, da allegre a drammatiche. Ciascuno, di volta in volta, ne preferisce una e ci si affeziona, scegliendo per sè il film più adatto. Nessuno riesce a liberarsi dal sogno. Le persone depresse vivono una versione fantastica del loro tremendo passato e del loro orribile futuro. Tutti reinventiamo ogni giorno il nostro passato ed il nostro futuro. I fatti non si sono svolti come noi li ricordiamo, e niente si verificherà nel modo in cui l’abbiamo previsto. Abbiamo ricordato decine di passati diversi e sognato migliaia di futuri diversi. Niente riesce a strapparci dalle nostre fantasie, fin dal primo giorno di vita. Credo che sia una nostra caratteristica, e non un difetto. Sarebbe impossibile per noi farne a meno e continuare a vivere. Anche le persone più pragmatiche, o perfino ciniche, sono prese da una fantasia, magari quella di vivere in un mondo freddo, desolato, povero di bellezza e di emozioni, oppure popolato da esseri stupidi o maligni. Il filosofo sogna di aver fatto chiarezza sulla situazione dell’Uomo nell’universo, la persona religiosa sogna di essere perdonato dal suo dio per le schifezze che ha fatto e che farà. Alcuni sognano di vivere in un mondo in cui soffre solo chi è inferiore e irrilevante, in modo da godere della loro ricchezza senza imbarazzo. Altri ancora vedono la sofferenza, ma vivono il sogno di poterla combattere. I musicisti vivono il sogno di rendere felici i propri simili. Chi ascolta musica vive nel sogno che i musicisti siano creature speciali ed immerse in una vita piena di stimoli e di appagamento. I produttori musicali vivono nel sogno di aver prodotto musica di altissimo livello, e che questo gli verrà un giorno riconosciuto. Io sogno che un giorno sarà possibile incontrarci tutti nello stesso posto, per farci una grossa risata sopra. Lisbona, settembre 2003 Tracce LP: LATO A 21:47 01 – AS TIME GOES BY (herman Hupfeld) 7:25 02 – GOLDFINGER (John Barry) 2:49 featuring Patizia Laquidara 03 – YOU ONLY LIVE TWICE (John Barry) 6:19 04 – OH, PRETTY WOMAN (Roy Orbison) 5:11 LATO B 19:02 01 – SUICIDE IS PAINLESS (Johnny Mandel) 7:50 02 – TAXI DRIVER’S THEME (Bernard Hermann) 5:11 03 – BYE BYE BABY (Leo Robin, Jule Styne) 6:00 Massimo Salvagnini, tenor saxophone Stefano Bassato, guitar Franco Lion, doublebass Paolo Balladore, drums Paolo Vidaich, percussions Patrizia Laquidara appears courtesy of Rossodisera Ed. Mus. and Genius Records by Renato Venturiero 96kHz / 24bit original digital recording, made at Teatro Polivalente, Abano Terme, Italy, on August 24, 25, 2003 Analog re-mastering made at VLS Studio, Naquera, Spain on March, 8, 2025 Production: Marco Lincetto for VELUT LUNA Recording Engineer: Marco Lincetto Mix engineers: Marco Lincetto and Matteo Costa Mastering engineer: Marco Lincetto Design and Layout: L’Image Photo: Marco Lincetto    

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30 ANNI FUORI TEMPO - GOLD CD

30 ANNI FUORI TEMPO - GOLD CD

€ 21,90

30 ANNI FUORI TEMPO GOLD CD   THE METRONOMES: Francesco Michielin, voice, kazoo, chorus, "vocal trumpet" Carlo Piccoli, piano, chorus Stefano Fedato, drums, chorus Ora è un negozio di abiti da sposa, ma nel lontano 1994 la musica ruggiva nel mitico Bar Dolomiti di Conegliano. Francesco Michielin, Carlo Piccoli e Stefano Fedato ancora non sapevano che per i successivi sei (sei!) lustri avrebbero calcato le scene del panorama musicale italiano sotto l’intramontabile nome di Metronomes. Chi, quella sera di trent’anni fa, ha avuto il privilegio di assistere alla nascita del loro trio può vantarsi di essere stato testimone di un evento d’inestimabile rarità e importanza, pari forse solo alla scoperta dell’America o al passaggio della cometa Hale-Bopp. E infatti mi vanto, mi vanto eccome. E, mentre mi vanto, inserisco nel mio vecchio lettore CD il loro nuovo album: “Trent’anni fuori tempo”. Dopo tredici anni dall’uscita del mirabile “Adamo, Let’s Swing!”, i Metronomes tornano con questa bella antologia della loro produzione discografica a partire dal 1997 fino ai tempi più recenti. Poi, con l’inserimento di quattro pezzi nuovi, il disco acquista nuova linfa e ci mostra come questi eterni ragazzi siano bene o male rimasti uguali a quelli che, trent’anni fa, si riunirono al Bar Dolomiti. Di loro si è detto e si è scritto di tutto. La storia delle loro spettacolari performance live si muove sul filo teso che separa la realtà dalla vera e propria leggenda. Si dice, per esempio, che il cantante, sontuoso vocalist dall’ugola catramata matto come un cavallo – l’ho visto qualche settimana fa travestirsi con parruccone e occhialoni scimmiottando Elvis – in realtà sia un precisino maniaco dell’ordine. Dicono che tenga tutti i testi delle canzoni, da lui stesso vergati a mano, in dieci enormi volumi che si porta dietro alle serate. Lo hanno visto anche montare un complicatissimo aggeggio dal nome “portaspritz” senza il quale non affronta il concerto. Raccontano poi che il batterista, una volta, suonando As Time Goes By, abbia impresso una tale velocità al ritmo swing da far fumare le bacchette (per fortuna l’Oste aveva l’estintore e alle spalle un’approfondita formazione in materia di sicurezza nel caso di incendio). Per lui questi anni non sembrano essere passati, dimostra sempre trent’anni, ha tutti i capelli e neanche uno bianco (gli altri due metronomi invidiosi dicono che se li tinge), ma soprattutto mentre suona a ritmi indiavolati sorride e si diverte come un bambino. Anche il pianista, che usa la mano sinistra come un contrabbasso, è un tipo strano. Qualcuno racconta che suoni esclusivamente mosso dal proprio orecchio (un orecchio solo che muove dieci dita? Ma che prodigio è mai questo?). Non prova né studia i pezzi, ma se gli chiedi una canzone, lui la sa riprodurre con la precisione di un jukebox. E mentre suona batte i piedi e ondeggia sempre fuori tempo: resta un mistero come la canzone vada a tempo mentre lui segue chissà quale altro ritmo interno. Dal 20 aprile 1994 ne sono passati di ettolitri di vino rosso nell’ugola catramata del cantante Francesco, e di tasti bianchi e neri sotto le dita di Carlo, e di calli e bacchette tra le mani di Stefano. Eppure, la leggenda dei Metronomes continua a stupirci, a farci ridere e battere il piedino sotto il tavolo. Franco Ceci Colpis

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30 ANNI FUORI TEMPO - AUDIOPHILE VINYL

30 ANNI FUORI TEMPO - AUDIOPHILE VINYL

€ 39,00

30 ANNI FUORI TEMPO AUDIOPHILE VINYL - LIMITED EDITION CON FILE MASTER HD   THE METRONOMES: Francesco Michielin, voice, kazoo, chorus, "vocal trumpet" Carlo Piccoli, piano, chorus Stefano Fedato, drums, chorus in consegna   Ora è un negozio di abiti da sposa, ma nel lontano 1994 la musica ruggiva nel mitico Bar Dolomiti di Conegliano. Francesco Michielin, Carlo Piccoli e Stefano Fedato ancora non sapevano che per i successivi sei (sei!) lustri avrebbero calcato le scene del panorama musicale italiano sotto l’intramontabile nome di Metronomes. Chi, quella sera di trent’anni fa, ha avuto il privilegio di assistere alla nascita del loro trio può vantarsi di essere stato testimone di un evento d’inestimabile rarità e importanza, pari forse solo alla scoperta dell’America o al passaggio della cometa Hale-Bopp. E infatti mi vanto, mi vanto eccome. E, mentre mi vanto, inserisco nel mio vecchio lettore CD il loro nuovo album: “Trent’anni fuori tempo”. Dopo tredici anni dall’uscita del mirabile “Adamo, Let’s Swing!”, i Metronomes tornano con questa bella antologia della loro produzione discografica a partire dal 1997 fino ai tempi più recenti. Poi, con l’inserimento di quattro pezzi nuovi, il disco acquista nuova linfa e ci mostra come questi eterni ragazzi siano bene o male rimasti uguali a quelli che, trent’anni fa, si riunirono al Bar Dolomiti. Di loro si è detto e si è scritto di tutto. La storia delle loro spettacolari performance live si muove sul filo teso che separa la realtà dalla vera e propria leggenda. Si dice, per esempio, che il cantante, sontuoso vocalist dall’ugola catramata matto come un cavallo – l’ho visto qualche settimana fa travestirsi con parruccone e occhialoni scimmiottando Elvis – in realtà sia un precisino maniaco dell’ordine. Dicono che tenga tutti i testi delle canzoni, da lui stesso vergati a mano, in dieci enormi volumi che si porta dietro alle serate. Lo hanno visto anche montare un complicatissimo aggeggio dal nome “portaspritz” senza il quale non affronta il concerto. Raccontano poi che il batterista, una volta, suonando As Time Goes By, abbia impresso una tale velocità al ritmo swing da far fumare le bacchette (per fortuna l’Oste aveva l’estintore e alle spalle un’approfondita formazione in materia di sicurezza nel caso di incendio). Per lui questi anni non sembrano essere passati, dimostra sempre trent’anni, ha tutti i capelli e neanche uno bianco (gli altri due metronomi invidiosi dicono che se li tinge), ma soprattutto mentre suona a ritmi indiavolati sorride e si diverte come un bambino. Anche il pianista, che usa la mano sinistra come un contrabbasso, è un tipo strano. Qualcuno racconta che suoni esclusivamente mosso dal proprio orecchio (un orecchio solo che muove dieci dita? Ma che prodigio è mai questo?). Non prova né studia i pezzi, ma se gli chiedi una canzone, lui la sa riprodurre con la precisione di un jukebox. E mentre suona batte i piedi e ondeggia sempre fuori tempo: resta un mistero come la canzone vada a tempo mentre lui segue chissà quale altro ritmo interno. Dal 20 aprile 1994 ne sono passati di ettolitri di vino rosso nell’ugola catramata del cantante Francesco, e di tasti bianchi e neri sotto le dita di Carlo, e di calli e bacchette tra le mani di Stefano. Eppure, la leggenda dei Metronomes continua a stupirci, a farci ridere e battere il piedino sotto il tavolo. Franco Ceci Colpis

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JAZZ - 30° ANNIVERSARY

JAZZ - 30° ANNIVERSARY

€ 49,00

JAZZ AUDIOPHILE VINYL - LIMITED EDITION CON FILE MASTER HD   Pietro Ballestrero, Gianni Basso, Stefano Bertoli, Paolo Birro, Fabrizio Bosso, Gianni Coscia, Paolo Fresu, Giorgio Gaslini, Tiziana Ghiglioni, Sandro Gibellini, Lucia Minetti, Gabriele Mirabassi, Mauro Negri, Stefano Profeta, Royal Big Band, Sax Four Fun, Markus Stockhausen, Tiger Dixie Band, Gianluigi Trovesi. E' sempre difficile realizzare una raccolta di brani musicali, pur essi appartenendo al medesimo genere; e lo è ancora di più se a doverlo fare è colui che li ha voluti, li ha prodotti, li ha registrati: ovvero qualcuno che alla fine si considera diviso fra il ruolo di "papà" e di "co-autore", in questo caso io stesso che sto scrivendo queste brevi note. La difficoltà sta nello scegliere brani che abbiano un senso uno dopo l'altro, ma anche nel dover escludere, per fisica mancanza di spazio, tantissimi altri non meno belli, non meno interessanti. Anche nella consapevolezza di dove tralasciare con lo strazio nel cuore tanti musicisti meravigliosi a cui, mi sento sempre legato da un laccio indissolubile per la comune passione che ci ha unito nell'amare la musica che proponiamo. E' dunque per questo che ogni raccolta che io realizzo ha implicitamente, a fianco del titolo, quella definizione fondamentale che non può che essere "Volume 1". Nella convinzione che presto o tardi altri volumi seguiranno, perchè veramente mi è impossibile stilare una classifica di merito fra i tantissimi brani, tutti quanti, ho prodotto in 30 anni di carriera. E qui viene dunque la nota fondamentale di cui mi sono reso conto soprattutto negli ultimissimi anni, ovvero che TUTTE le mie produzioni, per me, sono assolutamente equipollenti: stanno tutte sullo stesso piano. Perchè io ho sempre fatto una incredibile selezione PRIMA di andare in produzione, e, una volta iniziato il viaggio con i musicisti prescelti, è sempre stato chiaro che il lavoro non sarebbe che potuto diventare una perla di una lunghissima collana che oggi ne conta complessivamente trecent'ottantotto. Il Jazz secondo me, ovvero secondo Velut Luna, ha sempre significato ricerca e tradizione, calore e umanità, immediatezza e simbolo dell'inafferabile "Hic et Nunc" del momento delle registrazioni, che sono tutte state realizzate in presa diretta, senza tagli di editing, spesso mixate direttamente su master stereofonico. Riascoltando questi brani, uno per uno, ho rivissuto il clima, nell' accezione più ampia possibile, di quei momenti irripetibili: in fondo, la registrazione è un modo per viaggiare nel tempo a ritroso ogni volta che la ascolto. I musicisti ed io siamo persone fortunate, per aver ricevuto il privilegio di vivere queste emozioni difficilissime da raccontare a parole, ma che spero possano essere almeno un po' veicolate dalle tracce sonore rimaste nei solchi dei dischi. Per sempre. Grazie a Tutti, Marco Lincetto Dedico questo progetto al mio amico Giorgio Gaslini, che ci ha lasciati troppo presto, 11 anni fa

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IL CANTANTE AL MICROFONO - Eugenio Finardi | 45rpm - Double Vinyl

IL CANTANTE AL MICROFONO - Eugenio Finardi | 45rpm - Double Vinyl

€ 69,00

IL CANTANTE AL MICROFONO - 2025 - VYNIL EUGENIO FINARDI Doppio Vinile 45 rpm Deluxe Limited Edition + File Master HD (EDIZIONE LIMITATA NUMERATA 300pz) IN CONSEGNA (consegne previste dal 10 gennaio)   Ritorna in una nuova e definitiva, spettacolare, edizione in doppio vinile a 45 rpm uno dei grandi capolavori della musica italiana degli ultimi anni, in tiratura limitata a 300 copie, ciascuna con numerazione progressiva.   Il progetto discografico Il Cantante Al Microfono getta un ponte tra la canzone d'autore e la musica classica contemporanea partendo dal grande attore, poeta e cantautore russo Vysotsky, tragicamente scomparso nel 1980, che capì e cantò l'anima vera del suo popolo e perciò fu duramente osteggiato dal regime sovietico. La sua musica accompagna con intriganti melodie, ora dal sapore balcanico, ora dai toni orientaleggianti, ora ricalcando antichi tempi di valzer, i testi acutissimi e graffianti. Dal corpus delle sue oltre 500 canzoni Eugenio Finardi e Filippo Del Corno hanno scelto una decina di titoli fortemente rappresentativi della tensione etica, spirituale, politica e dell'ironia corrosiva che anima il lavoro di Vysotsky. Le canzoni, già tradotte in italiano da Sergio Secondiano Sacchi, sono state orchestrate per l'ensemble strumentale Sentieri Selvaggi dallo stesso Del Corno, in una versione che mette in luce l'altissima qualità poetica e musicale dei versi di Vysotsky e permette il pieno dispiegamento della straordinaria potenza interpretativa di Eugenio Finardi. E' infatti diverso tempo che Finardi affianca alla sua attività di protagonista del rock d'autore italiano un approfondito e rigoroso lavoro di ricerca vocale, che lascerà stupiti chi non conosce il percorso che l'ha portato dal fado, al suo amato blues, fino alla classica contemporanea. Raffinatissima la grafica curata dallo Studio Convertino. Un progetto insomma che si sposa in modo perfetto con la linea produttiva che da sempre Velut Luna propone: originalità in proposte artisticamente e tecnicamente della massima qualità. Eugenio Finardi voce Sentieri selvaggi : Paola Fre flauto Mirco Ghirardini clarinetto Paolo Pasqualin vibrafono Andrea Rebaudengo pianoforte Piercarlo Sacco violino Paola Perardi violoncello Carlo Boccadoro direzione   Sergio Secondiano Sacchi traduzione italiana Filippo Del Corno orchestrazione   Live-In-Studio Analog Recording, mix and original mastering made at Magister Recording Area studio, Preganziol, Italy on December, 18 - 22, 2007 Analog re-mastering made at VLS Studio, Naquera, Spain, on November, 4, 2024 ANALOG RECORDING: RTR Soundcraft Saturn 24 tracks / 2" tape at 76cm/sec recording speed ANALOG MIX & MASTERING: RTR Studer A820, 2 tracks, using 1/4" tape at 38 cm/sec recording speed ANALOG RE-MASTERING: Maselec Analog Mastering Suite (MLA-2 / MEA-2 / MPL-2) to RTR Studer A810

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Libero Arbitrio - GOLD CD

Libero Arbitrio - GOLD CD

€ 21,90

Libero Arbitrio - Amos Ghirardelli (CVLD382) Gold CD Arriva il primo disco di Amos Ghirardelli, sessantatreenne con quarant'anni di carriera musicale alle spalle. Ed è un disco che apre il cuore agli amanti del grande PROG, discendendo per linea diretta dal grande solco tracciato dai grandi gruppi inglesi e italiani nella prima metà degli anni '70. Si tratta di musica eccelsa, interpretata in modo strepitoso da musicisti strepitosi e che ruota, come la tradizione richiede a questi progetti, attorno ad un "concept" preciso che si riassume perfettamente nel titolo dell'album, LIBERO ARBITRIO, così come nel testo cantyato al termine della lunga suite iniziale che porta appunto il titolo dell'album. The first album of Amos Ghirardelli, 63 years old with forty years of musical career behind him. And it’s a record that opens the heart to lovers of the great PROG, descending by direct line from the great furrow drawn by the big English and Italian groups in the first half of the 70s. It is an excellent music, performed in a sensational way by amazing musicians and that revolves, as tradition requires to these projects, around a precise "concept" which is perfectly summed up in the title of the album, FREE WILL, as well as in the lyrics sung at the end of the long initial suite that bears the title of the album  

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SE POTESSI AVERE... (LP 180gr. su Top Clear Vinyl + File HD)

SE POTESSI AVERE... (LP 180gr. su Top Clear Vinyl + File HD)

€ 49,00

LP 180gr. su Top Clear Vinyl  + FILE HD "...Se potessi avere" è un affettuoso ed accorato omaggio alla grande canzone leggera italiana degli anni '30 e '40 e, in definitiva, a quell'epoca, pur tanto tormentata e sofferta, ma ancora pregna di positività, sguardo verso il futuro e valori che forse oggi un po' si sono perduti (per non parlare della "qualità" delle canzoni leggere italiane di oggi...). Desidero sottolineare che si tratta di un omaggio e non, come negli ultimi anni è spesso capitato di riscontrare in operazioni analoghe, di una caricatura o di una rilettura in chiave più o meno ironica, più o meno contaminata. Fin dalla realizzazione degli arrangiamenti si è optato per una scelta strumentale rigorosamente filologica rispettando l'organico tipico delle compagini orchestrali dell'epoca (vedi ad esempio le orchestre dirette da Cinico Angelini); per proseguire poi con le scelte squisitamente interpretative dei due cantanti solisti (Luca Merlini e Giuliana Beberi), che hanno dedicato lunghi mesi allo studio dei grandi protagonisti dell'epoca e del loro stile, non tanto per "copiarlo", ma per farlo proprio. E lo straordinario risultato alla fine è lì, evidente: non viene imitato nessuno dei cantanti dell'epoca, ma Luca e Giuliana sembrano provenire direttamente da quegli anni. Un ulteriore motivo di interesse, testimone dello sforzo d'amore compiuto, è la realizzazione di tre nuovi brani, composti nello stile dell'epoca, dai tre arrangiatori di tutto il progetto, che sono i maestri Stefano Caniato, Fabrizio Castania e Patrik Trentini (quest'ultimo anche direttore dell'orchestra, sul podio). "...Se potessi avere" (English version) is an affectionate and heartfelt tribute to the great Italian light song of the 30s and 40s and, ultimately, at that time, although so tormented and suffering, but still full of positivity, looking towards the future and values that perhaps today a little lost (not to mention the "quality" of today’s Italian songs...). I wish to stress that this is a tribute and not, as has often happened in recent years in similar operations, a caricature or a reinterpretation in more or less ironic, more or less contaminated key. 96kHz / 24bit / 24 tracks original recording made at Magister Recording Area, preganziol (Italy), April, 8,9, 2004 Real time analog remix and remastering made at VLS Studio, Naquera (Espana), March 23, 2024 / Workflow: REMIX: 96/24 DAW player: MAGIX SEQUOIA 96kHz / 24bit / 24 tracks DA: LYNX AURORA "n" analog mix: RUPERT NEVE DESIGN 5059 + NEVE 8816 REMASTERING: compressor: MASELEC MLA-2 eq: MASELEC MEA-2 limiter: MASELEC MPL-2 RTR: STUDER A810 ---> analog master 88.2kHz / 24bit AD: PRISM SOUND AD2 DREAM ---> HD digital master Stefano Caniato plays BORGATO L 282 Concert Grandpiano, tuned by Luigi Borgato Production: Marco Lincetto (Velut Luna) Recording, remix and remastering: Marco Lincetto Design and layout: Studio L'Image  

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Dieci Studi sul Trillo - GOLD CD

Dieci Studi sul Trillo - GOLD CD

€ 21,90

Dieci Studi sul Trillo Silvio Omizzolo è nato a Padova nel 1905. Allievo dal 1923 di Renzo Lorenzoni, si diplomò al Conservatorio di Milano nel 1927. Conseguì nel frattempo la maturità classica, per poi laurearsi in Giurisprudenza all’Università di Ferrara. Per la composizione fu praticamente autodidatta, pur facendo tesoro degli incoraggiamenti e dei preziosi consigli di Almerigo Girotto. Al 1928 appartengono i suoi primi lavori per pianoforte, seguiti da numerose opere sia per lo stesso strumento che per vari complessi vocali e strumentali. Nel 1943 ottenne il primo premio al Concorso del Sindacato Musicisti, seguito da numerosi importanti riconoscimenti, tra i quali un terzo premio al concorso internazionale “Regina Elisabetta” di Bruxelles (nel 1969), con il Concerto per pianoforte e orchestra, unica opera italiana prescelta fra 200 concorrenti. Numerose sue composizioni sono state eseguite in pubblico e trasmesse dalla RAI. All’attività di compositore, affiancò una ricca attività concertistica in qualità sia di solista che in formazioni cameristiche. Dal 1933 al 1974 è stato titolare di cattedra di pianoforte principale al Conservatorio Pollini di Padova, allora istituto musicale pareggiato: proprio del medesimo istituto è stato direttore dal 1966 al 1971, contribuendo in modo determinante alla sua trasformazione in Conservatorio Statale. Si spense nel 1991, a 85 anni. Dei suoi “10 Studi sul trillo” da cui è tratta la selezione per questa raccolta, Silvio Omizzolo ebbe a scrivere: “Ho scritto gli Studi perché mancava un lavoro del genere, ma, come al solito, non ho voluto dar loro troppa importanza. Il titolo è debole, sciatto. Avrei potuto chiamarli Studi da Concerto, come sono in realtà” L'analisi e il ricordo di Wolfango Dalla Vecchia Dopo le prime composizioni per pianoforte (Elegia, Sogno, Fantasmi, Preludio e Fuga) apparse fra il '28 e il '29, la personalità di Silvio Omizzolo si manifesta in tutta la sua evidenza negli assai ambiziosi e prestigiosi Dieci Studi sul Trillo, composti nel 1936, pubblicati da Ricordi nel 1939 ed eseguiti per la prima volta da Carlo Vidusso a Milano nel 1940. Nel loro eclettico pianismo, questi dieci studi compongono un'opera singolare che si stacca nettamente da tutta una congerie di opere pianistiche consimili, per la solida architettura dell'insieme, che non indulge a nessuna casualità ispirativa, ma conclude con rigore un preciso disegno, nel quale lo scopo didattico fornisce il pretesto alla creazione di una suite di forme pianistiche tradizionali, nella quale il trillo, in tutte le sue varianti, assume importanza contestuale non quale particolare decorativo o comunque secondario, ma quale elemento semantico di fondo, provocatorio di vari stati lirici. I temi si succedono ricchi di verve e sempre vari; ma il deus-ex-machina di ogni emozione è sempre questo trillo cangiante e imperversante senza soluzione di continuità, dalla sommessa e misurata sua apparizione nella Mazurka iniziale, ai cupi rullati della Marcia funebre, ai delicati mormorii della Canzone senza parole, agli spiritosi exploit della Marcetta, ai trilli brillanti della Polacca, a quelli complessi della Barcarola e del Minuetto, a quelli multipli, ardui ed étonnants della Toccata finale Una nota storica e tecnica di Marco Lincetto Questo disco è stato da me registrato nell'ormai lontano mese di ottobre del 1997 e pubblicato subito dopo nel mese di dicembre dello stesso anno con questa mia etichetta VELUT LUNA che stava allora muovendo i primi passi da appena un paio d'anni (la prima edizione del '97 portava come numero di catalogo CVLD009, mentre questa di oggi il numero CVLD380...). Si tratta senza dubbio di uno dei dischi più importanti che abbia mai registrato e prodotto, innanzitutto perchè Giovanni Tirindelli ed io rappresentiamo gli anelli finali di quella principesca discendenza artistica che parte da Silvio Omizzolo, di cui Giovanni è stato uno degli ultimi allievi, prosegue con mio padre Adriano Lincetto, pure lui allievo di Omizzolo e curiosamente nato nel 1936, ovvero l'anno di composizione di questi Dieci Studi, di cui diventerà uno degli unici tre grandi interpreti, insieme a Carlo Vidusso e a Franco Angeleri, fino all'esecuzione di Giovanni. Per tutta la mia infanzia e gioventù io ho convissuto con le lunghe ore di studio di questa partitura da parte di mio papà, in preparazione ai suoi tanti concerti in cui la eseguì e che poi, decise di suonare come ultimi brani (Mazurka, Marcia Funebre e Toccata) del suo ultimo concerto in pubblico, nell'ottobre del 1979, con Silvio Omizzolo seduto in prima fila. Si tratta di momenti di vita nella musica e per la musica che io, Giovanni e pochi altri abbiamo toccato con mano, e da cui ci siamo abbeverati e che oggi possiamo tramadare ai posteri. Quindi, questa prima registrazione assoluta degli studi di Omizzolo, pone a mio parere una sorta di pietra tombale su qualunque altra interpretazione o registrazione che potrà essere proposta di questa ipnotica, unica e fondamentale composizione della letteratura pianistica di tutti i tempi. Dal punto di vista tecnico, si tratta di un lavoro curatissimo già all'epoca, una registrazione purissima realizzata con solo due microfoni omnidirezionali nella meravigliosa sala dell'Auditorium Pollini, pensata e voluta da Adriano Lincetto e da Wolfango Dalla Vecchia, che a vario titolo si sono succeduti nella conduzione del Conservatorio che la ospita. E ancora una volta, quindi, gli intrecci della vita non sono casuali ed hanno un senso. Grazie alla tecnologia maturata negli ultimi 27 anni oggi ne riprongo una versione come si usa dire "rimastertizzata", che in realtà lascia immutata la bontà originale, aggiungendo una ancora migliore presenza, una migliore spazialità e una nuova grande freschezza generale al suono. Il tutto corroborato e veicolato al meglio anche dal prezioso supporto del CD realizzato in lamina d'oro.

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Nino Rota - GOLD CD

Nino Rota - GOLD CD

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NINO ROTA 1911 - 1979 Tra le quattro composizioni cameristiche riunite in questo disco, come a segnare alcuni momenti del ricco percorso compositivo, quella per clarinetto solo risalente al 1950 offre una suggestione singolare che ci conduce come attraverso una scorciatoia enigmatica a sfiorare un aspetto del personaggio: solo per quel titolo,”Lo spiritismo nella vecchia casa”- quello di una commedia di Ugo Betti per la quale Rota aveva scritto le musiche di scena – che sembra suggerire un’ aria particolare dietro l’immagine più corrente, disinvolta, quella che Andrea Zanzotto aveva riassunto come "un lucente farsi" , segno di una riconoscenza verso il musicista grazie al quale diceva di aver ritrovato "come un folletto, quell’intramontabile ‘deus’ gentile che è insito nella musica stessa"; con quella pacificante familiarità, anche, che portava il grande poeta a riconoscere come "con le musiche di Rota vien da dire spesso: ma questo motivo io l’ho già sentito". Appagamento che non dissolve quel senso un po’ stranito che si prova ad ogni ascolto, come se dietro quella naturalezza facessero capolino strani fantasmi; quelli che avevano incantato Fellini durante il lavoro con il musicista: "Nino diventa uno strumento e uno ha l’illusione, un po’ ridicola, di fare la colonna sonora, tanto Nino si inserisce con un’esattezza totale, tanto diventa la musica che serve in quel momento...". E proprio questa naturalezza sembra ammantarsi di una certa ambiguità, restringendo l’immagine del compositore ad una pura, felice istintualità, che certamente era dote innata e spiccatissima di Rota, ma che sottintendeva in realtà una consapevolezza ed una capacità di muoversi entro la babele linguistica del novecento non meno straordinaria, come del resto attesta l’ampiezza della sua produzione cresciuta al di fuori dell’esperienza cinematografica; senza preclusioni di generi né di gerarchie, peraltro, come riconosceva lui stesso: "non credo a differenze di ceti e livelli nella musica. Secondo me, le definizione di musica leggera, semileggera, seria é fittizia. Gli spartiti di Offenbach, che ormai sono vicini ai 150 anni, saranno leggeri fin che si vuole, ma di una leggerezza che dura nel tempo e ha una formidabile vitalità…". Come quella liberata da un proprio inconfondibile linguaggio, terso, accattivante e tuttavia con una punta d’amaro celata tra le pieghe di quella esemplare nitidezza di scrittura . Per dire di una inconfondibilità che è anche indefinibilità per chi ha bisogno di sicurezze catalogatorie, per quello che oggi contino, sempre più erose, smentite, confuse. Per i vent’anni dalla scomparsa di Rota, in un convegno della Fondazione Cini , che attualmente custodisce tutto il lascito dell'autore, uno dei motivi che affiorò fu quello del "candore" , quale categoria entro cui collocare la vocazione lirica di un musicista come Rota così apparentemente distaccato dalla cosiddetta "modernità"; motivo che lungi dall’essere una tranquillante fuga verso gli Elisi, non è in effetti meno inquietante. Fellini, che come pochi altri sfiorava da vicino l’aura enigmatica di Rota, parlava di un musicista "sensitivo" denunciando poi come "fatata" la disattenzione succeduta alla sua morte. Andrea Zanzotto, altro osservatore dalle antenne sensibili, suggerirà come il termine candore possa implicare il suo contrario, addirittura "il nefasto pallore della morte", che non è certo il caso di Rota e tuttavia elemento di alternanza per creare un gioco prospettico tanto allettante quanto sottilmente insidioso, proprio per il tono di un eloquio la cui naturalezza, frutto indubbio di un talento musicale fuori discussione, è impregnata di interferenze acutissime, talora scoperte, ma pure più ombreggiate, che non possono non risuonare problematiche su un fondale come quello novecentesco e oltre dominato dal "negativo". E’ davvero una voce angelica, candida quella di Rota, viene naturale chiederci? Gian Paolo Minardi Il clarinetto per cui Rota scrisse lo “Spiritismo della vecchia casa” era uno strumento diverso da quelli in uso attualmente. Disponeva di un fusto inferiore allungato e di una chiave in più, che gli permetteva di ampliare verso il grave di un semitono la propria estensione ed era all’epoca molto diffuso in Italia. L’edizione moderna della composizione è stata trasposta per fini pratici, per permettere cioè agli strumenti in uso attualmente di eseguire il brano. In questo modo però si è persa la profondità di suono delle note gravi a cui Rota si era sicuramente ispirato per rendere più suggestiva la sua composizione. La presente registrazione che si basa sul manoscritto conservato presso la biblioteca della Fondazione Giorgio Cini di Venezia (gentilmente messo a disposizione per la consultazione) e che riporta le note effettivamente scritte da Rota, è stata possibile grazie allo strumento messo a disposizione dalla casa costruttrice Buffet&Crampon di Parigi un BCXXI, che è dotato del meccanismo necessario a renderci questa preziosa testimonianza. Luca Lucchetta

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ITALIAN MUSIC FOR GUITAR AND PIANO - GOLD CD

ITALIAN MUSIC FOR GUITAR AND PIANO - GOLD CD

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Nuovo remastering 2024 ITALIAN MUSIC FOR GUITAR AND PIANO MUSICHE ITALIANE PER PIANOFORTE E CHITARRA Il luogo comune vuole che il connubio tra pianoforte e chitarra si risolva in un complicato rebus tanto per i compositori quanto per gli interpreti: troppo distanti le sonorità e gli approcci dei due strumenti, troppo squilibrato il loro amalgama, troppo differente il volume sviluppato, divergente il modo di ‘pensare’ o di costruire le armonie. Insomma, messi insieme, pianoforte e chitarra tendono subito a rivelarsi quasi incompatibili. Inoltre, se non ci si affida una pur minima amplificazione della chitarra, il pianoforte si ritroverà costretto a suonare quasi sempre ‘in punta di piedi’. Nonostante ciò, e nonostante il luogo comune, diversi compositori, soprattutto nel Novecento, sono riusciti a ottenere degli splendidi risultati attraverso un sapiente lavoro sui ‘pieni’ e suoi ‘vuoti’ dei rispettivi strumenti, un’attenzione tutta particolare a un dialogo non convenzionale, una scrittura filigranata e, ovviamente, una buona dose di istinto che non guasta mai. Il disco che avete tra le mani è la testimonianza di tali esiti e vede una collana di lavori originali per chitarra e pianoforte composti tra il 1950 a oggi di autori italiani noti e meno noti. Il viaggio comincia proprio nel 1950 con uno dei compositori che, volente o nolente da parte sua, ha maggiormente legato il proprio nome a quello della chitarra, ossia il fiorentino Mario Castelnuovo-Tedesco (1895-1968) che scrisse la Fantasia op. 145 in due brevi, sapidi movimenti dedicandola ad Andrés Segovia e alla moglie pianista Francesca ‘Paquita’ Madriguera Rodon. Un miracolo di equilibrio che risente di ineludibili influssi francesi ma che mostra anche una estroversa e personale ispirazione lirica, sempre in bilico tra atmosfere spagnoleggianti e una cantabilità tutta italiana, anzi, per meglio dire toscana. Altro brano ‘coniugale’ che si fregia del titolo di Fantasia è la pagina in un singolo movimento che il compositore bresciano Franco Margola (1908-1992) scrisse nell’ottobre 1979 e che fu dedicata al duo formato dal chitarrista Guido Margaria e dalla moglie Emilia. Si tratta di un quieto lavoro dalle movenze neobarocche in cui la scrittura, mostra comunque una mano felice nel far dialogare i due strumenti invero cercando scaltramente più una costante alternanza che un’effettiva sovrapposizione. Altro brano dedicato al duo Margaria è il breve Improvviso, composto tra il novembre 1979 e la primavera del 1980, che poco si discosta dalle atmosfere del precedente. Un’altra Fantasia – e altro brano dedicato al duo Margaria – è la composizione che il piemontese di origini transalpine Carlo Mosso (1931-1995) scrisse nel 1980. Una pagina meditativa e inquieta, lignea, ricolma di arcaismi e allo stesso tempo portatrice di una rassegnata modernità, volutamente scabra, costruita intorno a poche cellule melodiche sviluppate attraverso un percorso modale che in alcuni punti ricorda sia il linguaggio dello svizzero Frank Martin sia l’amato Gian Francesco Malipiero. Il Divertimento a due del padovano Adrano Lincetto (1936-1996) composto nel 1981 e suddiviso in tre movimenti (Molto lento. Poco mosso – Allegro molto – Finale. Molto moderato e cantabile. Allegro vivo) è senza dubbio un lavoro meno sibillino, lontano da ogni complicazione sia moderna sia postmoderna, tessuto con un linguaggio modale in cui si contano numerosi accordi di settima. Questa ricca antologia si chiude con due brani scritti espressamente per Lapo Vannucci e Luca Torrigiani e a loro dedicati. Il silenzio del tempo del torinese Luigi Giachino (1962) risale al 2015 ed è una suite in quattro tempi tinta di venature jazz e di sapori quasi impressionisti. Affatto diverso è Winter Time del siciliano Giuseppe Crapisi (1967), che in una incisiva pagina di circa sei minuti miscela gesti ripetitivi e caparbi tipici del minimalismo a una vena più elegiaca. In questo caso i due strumenti raramente si alternano, trovandosi spesso a tessere le loro trame ora delicate ora ritmiche per lo più in contemporanea. Ennio Speranza  

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Papier-Maché - GOLD CD

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UNA STORIA MISTERIOSA “Don Antonio, non dovete portare nella tomba il segreto delle vostre chitarre…” “…mi è impossibile tramandarlo ai posteri” Quello della Papier-Mâché di Torres è stato un caso unico nella storia della liuteria non solo chitarristica: Antonio de Torres (1817-1892), considerato oggi lo Stradivari delle sei corde, fu il primo e, che si sappia, l’unico a costruire nel 1862 un esemplare di strumento Papier-Mâché. Questa chitarra, paradossalmente, a dispetto della sua apparente umiltà, restituisce un mondo sonoro affascinante, misterioso e unico. Dal momento che l’originale, conservato al Museo della Musica di Barcellona, non e’ più in grado di esprimere la propria voce, l’album ha lo scopo di far riscoprire e rivivere le peculiari caratteristiche timbriche e sonore di questo interessante strumento attraverso l’utilizzo di due copie ad esso ispirate. Il liutaio Fabio Zontini ha raccolto la sfida lanciata da Torres e da quasi vent’anni si occupa della costruzione di copie Papier-Mâché. I due esemplari utilizzati da Federica Artuso per la registrazione sono stati realizzati tra aprile e settembre 2023 e pesano entrambi (incredibilmente) appena 995 grammi. Montano inoltre corde in budello naturale. Zontini ha quindi tracciato una sorta di collegamento con il grande Torres, cogliendo una specie di esperimento-prototipo del liutaio andaluso, e provando con successo a diffonderlo ai giorni nostri. La Papier-Mâché è una sorta di contraddizione vivente proprio per la contrapposizione tra il materiale povero di cui è fatta e il risultato sonoro artisticamente sorprendente. E ispirandosi a questa contrapposizione, è stato registrato un programma emblematico di quel paradosso che incarna l’identità della chitarra, sempre in bilico tra l’anima povera, autentica e popolare da un lato e l’Olimpo della musica colta dall’altro. Le musiche qui registrate sono tutte di chitarristi-compositori che sono vissuti all’epoca della chitarra di cartone o che hanno avuto a che fare con gli strumenti di Torres. Questi chitarristi sono parte di quella tradizione esecutiva e di quella poetica sonora di cui la Papier-Mâché è emblema. Alcuni dei brani, pur essendo stati scritti da compositori non chitarristi, fanno parte di quel repertorio in cui più si identificano le sei corde. Arcas e Parga* tentarono di elevare la chitarra a strumento colto, senza riuscire ad emanciparsi totalmente dalle reminiscenze flamenche. Il loro stile si adatta perfettamente all’essenzialità arcaica del suono della Papier-Mâché e le loro musiche, pur fortemente radicate nel linguaggio popolare, ci conducono poco per volta allo stile borghese e salottiero di Garcia Tolsa* e di Tarrega, allievi di Arcas. La loro musica non è più soltanto per coloro a cui scorre nelle vene sangue flamenco o per quelli che ritengono l’opera lirica l’unica musica colta. È musica che piace agli intellettuali e, se ammette qualche danza, lo fa a patto che sia da salotto. Dal punto di vista dei musicisti, a differenza dei suoi predecessori, Tarrega riesce a confezionare gli slanci espressivi in forme totalmente compiute. Miguel Llobet, allievo di Tarrega, è noto come compositore soprattutto per la sua versione chitarristica delle Canciones populares catalanas. Nella parte di programma che lo riguarda si propone anche un repertorio di cui non è autore, ma che lo rappresenta fedelmente e dove si colgono tutte le novità portate dal suo estro creativo, che fanno emergere ciò che della chitarra è più caratteristico. Maria Luisa Anido fu allieva di Llobet, nonché sua partner in duo di chitarre. La musicista argentina fu una tra gli ultimi chitarristi negli anni ’50 ad utilizzare le corde in budello -ormai difficilmente reperibili- e, tra l’altro, fu proprietaria proprio della Torres di Tarrega (1864, FE17). Anido è l’emblema dell’immagine della chitarra come spartiacque tra il mondo della musica folklorica e quella della musica colta, contrapposizione che probabilmente non si risolverà mai completamente. Ce lo dimostrano le sue irresistibili trascrizioni dai grandi classici come Bach, Mozart, Tchaikowsky e i suoi brani sudamericani, pulsanti di energia indigena. I brani di Parga e Garcia Tolsa non sono contenuti nella versione in vinile. Leggi tutto sul nostro blog DISPONIBILE ANCHE IN:  LP 180gr. su Top Clear Vinyl -  BUNDLE

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Papier-Maché (LP 180gr. su Top Clear Vinyl)

Papier-Maché (LP 180gr. su Top Clear Vinyl)

€ 49,00

UNA STORIA MISTERIOSA “Don Antonio, non dovete portare nella tomba il segreto delle vostre chitarre…” “…mi è impossibile tramandarlo ai posteri” Quello della Papier-Mâché di Torres è stato un caso unico nella storia della liuteria non solo chitarristica: Antonio de Torres (1817-1892), considerato oggi lo Stradivari delle sei corde, fu il primo e, che si sappia, l’unico a costruire nel 1862 un esemplare di strumento Papier-Mâché. Questa chitarra, paradossalmente, a dispetto della sua apparente umiltà, restituisce un mondo sonoro affascinante, misterioso e unico. Dal momento che l’originale, conservato al Museo della Musica di Barcellona, non e’ più in grado di esprimere la propria voce, l’album ha lo scopo di far riscoprire e rivivere le peculiari caratteristiche timbriche e sonore di questo interessante strumento attraverso l’utilizzo di due copie ad esso ispirate. Il liutaio Fabio Zontini ha raccolto la sfida lanciata da Torres e da quasi vent’anni si occupa della costruzione di copie Papier-Mâché. I due esemplari utilizzati da Federica Artuso per la registrazione sono stati realizzati tra aprile e settembre 2023 e pesano entrambi (incredibilmente) appena 995 grammi. Montano inoltre corde in budello naturale. Zontini ha quindi tracciato una sorta di collegamento con il grande Torres, cogliendo una specie di esperimento-prototipo del liutaio andaluso, e provando con successo a diffonderlo ai giorni nostri. La Papier-Mâché è una sorta di contraddizione vivente proprio per la contrapposizione tra il materiale povero di cui è fatta e il risultato sonoro artisticamente sorprendente. E ispirandosi a questa contrapposizione, è stato registrato un programma emblematico di quel paradosso che incarna l’identità della chitarra, sempre in bilico tra l’anima povera, autentica e popolare da un lato e l’Olimpo della musica colta dall’altro. Le musiche qui registrate sono tutte di chitarristi-compositori che sono vissuti all’epoca della chitarra di cartone o che hanno avuto a che fare con gli strumenti di Torres. Questi chitarristi sono parte di quella tradizione esecutiva e di quella poetica sonora di cui la Papier-Mâché è emblema. Alcuni dei brani, pur essendo stati scritti da compositori non chitarristi, fanno parte di quel repertorio in cui più si identificano le sei corde. Arcas e Parga* tentarono di elevare la chitarra a strumento colto, senza riuscire ad emanciparsi totalmente dalle reminiscenze flamenche. Il loro stile si adatta perfettamente all’essenzialità arcaica del suono della Papier-Mâché e le loro musiche, pur fortemente radicate nel linguaggio popolare, ci conducono poco per volta allo stile borghese e salottiero di Garcia Tolsa* e di Tarrega, allievi di Arcas. La loro musica non è più soltanto per coloro a cui scorre nelle vene sangue flamenco o per quelli che ritengono l’opera lirica l’unica musica colta. È musica che piace agli intellettuali e, se ammette qualche danza, lo fa a patto che sia da salotto. Dal punto di vista dei musicisti, a differenza dei suoi predecessori, Tarrega riesce a confezionare gli slanci espressivi in forme totalmente compiute. Miguel Llobet, allievo di Tarrega, è noto come compositore soprattutto per la sua versione chitarristica delle Canciones populares catalanas. Nella parte di programma che lo riguarda si propone anche un repertorio di cui non è autore, ma che lo rappresenta fedelmente e dove si colgono tutte le novità portate dal suo estro creativo, che fanno emergere ciò che della chitarra è più caratteristico. Maria Luisa Anido fu allieva di Llobet, nonché sua partner in duo di chitarre. La musicista argentina fu una tra gli ultimi chitarristi negli anni ’50 ad utilizzare le corde in budello -ormai difficilmente reperibili- e, tra l’altro, fu proprietaria proprio della Torres di Tarrega (1864, FE17). Anido è l’emblema dell’immagine della chitarra come spartiacque tra il mondo della musica folklorica e quella della musica colta, contrapposizione che probabilmente non si risolverà mai completamente. Ce lo dimostrano le sue irresistibili trascrizioni dai grandi classici come Bach, Mozart, Tchaikowsky e i suoi brani sudamericani, pulsanti di energia indigena. I brani di Parga e Garcia Tolsa non sono contenuti nella versione in vinile. Leggi tutto sul nostro blog DISPONIBILE ANCHE IN:  GOLD CD - BUNDLE

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Le radici di una intolleranza

Le radici di una intolleranza

€ 18,00

Le radici di una intolleranza Questo è un disco che nasce dalla necessità di un intellettuale, che è anche un artista, un musicista, di esplorare il malessere della società attuale, sempre più tesa ad obbligare l'umanità ad un futuro opprimente le libertà individuali e del pensiero critico, distopico nel profondo: un futuro che in realtà è già presente. Antonello Cresti presenta quindi il proprio percorso di analisi della propria maturata intolleranza, che finisce per indicare criteri comuni a tutte le persone ancora dotate di libero pensiero e anelito alla vera libertà, in una società democratica ideale, sempre più immagine sfuggente nelle nebbie dei totalitarismi, ideali ed effettivi, oggi sempre più dominanti. Relativamente allo stile compositivo, riportiamo le parole dell'autore stesso: "Poiché non ho mai amato prendermi troppo sul serio, e poiché da Battiato ho imparato la tecnica del citazionismo, tutte questa canzoni sono attraversate da riferimenti allo “spazio sonoro” della mia adolescenza, ed emergono rimandi a Carmen Consoli, Bluvertigo, Litfiba, ed ancora Sex Pistols, Manu Chao, o lo stesso Battiato… Queste sei canzoni forse non contengono il me di oggi, ma è certo che io contengo loro. Ed è un bel senso di continuità"  

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The Velut Luna's Reference Vinyl Vol. 2

The Velut Luna's Reference Vinyl Vol. 2

€ 69,00

The Velut Luna's Reference Vinyl Vol. 2 Limited Edition - 180gr AUDIOPHILE PRESSING (2 LP + FILE HD) Il bambino nell’immagine di copertina sono io. All’età di due anni. Era il 1963. Da che mi ricordo, ho sempre amato ascoltare i dischi. Certamente per via della mia storia famigliare, con mio papà che fu illustre pianista classico e compositore raffinato, e mia mamma cantante lirica. Ma certamente in quegli anni della prima infanzia era grande il fascino che suscitavano in me quei padelloni neri che giravano sul vecchio giradischi di famiglia e da cui uscivano le mie favole preferite, narrate da grandi voci di grandi attori (ricordo ad esempio, Nando Gazzolo e la sua Cappuccetto Rosso, e Hansel e Grethel, e Pollicino, i cui dischi ho letteralmente consumato...). Attorno agli otto o nove anni il passaggio dalle favole ai 45 giri dei Beatles alla fine della loro carriera (Obladì, Obladà), oppure a quella sonorità inconsueta e sconosciuta del Theremin usato in Good Vibrations dei Beach Boys, fu un fatto del tutto naturale. E quando a 13 anni cominciai progressivamente a scoprire Santana, i Pink Floyd, i Genesis, etc.etc.etc., uniti alla lettura di Suono e Stereoplay, fu altrettanto naturale incapricciarmi con le immagini dei grandi registratori a bobine dell’epoca, adatti agli allora rari home studio. Il mio primo amore, tanto sognato e mai posseduto, fu il Tascam 80-8, otto tracce su nastro da mezzo pollice. E i microfoni dei sogni erano i Sennheiser, gli MD441 e gli MD421... Ma il sogno vero era “farmi lo studio”... cosa che resterà per lungo tempo solo, appunto, un sogno. Quando infine a 19 anni conobbi la musica di Jim Croce e capii che... “Si-Può-Fare!” (cit.), fu il momento in cui mi fu chiaro che presto o tardi, io avrei fatto quel lavoro, avrei “fatto i dischi”. E il resto è storia... La mia cultura, la mia tradizione, le mie esperienza fondamentali, sono ANALOGICHE. Anche se da subito, all’inizio della mia carriera professionale nel 1992, sono stato un alfiere del digitale di qualità, non ho mai abbandonato l’analogico e soprattutto non ho mai abbandonato la “mentalità analogica”. Ecco quindi arrivare questo secondo volume delle mie registrazioni più amate, più significative di oltre trent’anni di attività di produzione con VELUT LUNA. Come già nel volume 1, ogni lato dei quattro che compongono questo doppio vinile è tematico e dedicato alle grandi Big Band, che si muovono fra il jazz e il crossover etnico (Lato A), il jazz in formato club, dallo swing all’italiana dei The Metronomes, al gospel di Cheryl Porter (Lato B), la musica sud americana e latina, per me importantissima e colonna portante del mio sentimento più profondo (Lato C), ed infine la grande musica classica, qui tradotta nel meraviglioso Concerto per Clarinetto, di Mozart e il movimento finale dalla Suite Sinfonica “I Sogni di Gianò”, di mio papà Adriano Lincetto. ...E arrivederci al terzo e ultimo volume di questa mia “summa”, previsto in pubblicazione a febbraio 2025, in occasione del 30° anniversario della nascita di VELUT LUNA. Marco Lincetto  

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Frequency Of Humanity - CD 24k Gold

Frequency Of Humanity - CD 24k Gold

€ 21,90

Frequency Of Humanity CD 24k Gold MARTIAN NOISE sono due fratelli, Gabriele Lucchin, 19 anni, e Niccolò Lucchin, 17 anni. E loro sono anche il Cigno Nero del mondo della musica italiana oggi. Due giovanissimi virtuosi dei loro rispettivi strumenti, profondi e raffinati conoscitori dell’epopea del grande Prog delle origini, quello degli anni ‘70, nato e cresciuto fra la Gran Bretagna e l’Italia. Per loro, e grazie alla loro tradizione di famiglia, Emerson Lake & Palmer, Yes, Genesis, Rick Wakeman, Pink Floyd, Alan Parsons Project, etc. sono il pane quotidiano con cui sono cresciuti e si sono formati, acquisendo una cultura enciclopedica e profonda di quel mondo sonoro, definendo così una propria originale estetica della Musica. Era quindi inevitabile arrivare a questo FREQUENCY (of Humanity), che lungi dal rappresentare un triste clone derivativo delle opere dei Maestri, ne riprende gli stilemi, con calligrafico rispetto, offrendo tuttavia Musica realmente nuova e per i giorni nostri assolutamente innovativa, fresca e rigenerante, in un oceano ristagnante di banalità, di non-musica volgarmente predicatoria. E si assumono anche la responsabilità di proporre un intero disco senza voci, senza cantato, senza quelle “parole” che oggi sembrano essere l’unico motivo di attrazione per un pubblico troppo vasto, che ha rinunciato al piacere evocativo della Musica pura all’ennesima potenza. Ebbene, ci pensano MARTIAN NOISE a ridestare l’attenzione! Dal punto di vista tecnico la scelta inevitabile è stata di utilizzare per le loro performance SOLO strumenti analogici direttamente dagli anni ‘70 e ‘80; così come la maggior parte del work flow di registrazione, mix e mastering è stato realizzato in dominio analogico. Nessun computer, nessun campionatore, nessun software è stato utilizzato in fase esecutiva. E il titolo del disco, e l’immagine di copertina, in qualche modo vogliono indicare questa strada, laddove l’Umanità, l’Umanesimo, sopravanza e sconfigge il distopico tecnicismo tecnocratico dei giorni nostri. Uno squarcio di luce vitale nella notte dei circuiti e dei bit.

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L’UCCELLAJA

L’UCCELLAJA

€ 18,00

L’UCCELLAJA Music inspired by the birds singing between the 17th and 18th centuries Mario FOLENA Roberto LOREGGIAN Francesco GALLIGIONI   Celebrare la bellezza e l’ispirazione del canto degli uccelli: è l’obiettivo di questa antologia di composizioni del XVII e XVIII secolo dedicate proprio alle voci delle creature alate. Il cd prende il titolo dal Divertimento per cembalo in cui si esprime una Uccellaja di Alessandro Speranza e include 20 brani - selezionati con cura – d’epoca barocca e rococò. Il primo pezzo, pagina finora inedita di G. Ph. Telemann, si apre con due note (re - si) che si ripetono enunciando il richiamo del cuculo. Questo incisivo motto musicale, capace di scolpirsi nella nostra memoria uditiva, introduce le successive tracce, dedicate nell’ordine a: cuculo, rondine, tortore e colombe, galli e galline, usignolo, vari uccelli canori e cardellino. Tra ‘6 e ‘700 nelle suite strumentali francesi (ma anche in quelle tedesche) era frequente incontrare movimenti con un titolo dallo specifico intento programmatico. Da queste suite (composte da Daquin, Corrette, Philidor, Schmelzer, Boismortier e Naudot) sono tratti i brani dedicati al canto degli uccelli. E al canto degli uccelli si sono ispirati anche molti musicisti italiani, come Poglietti e Speranza: di questi autori e di un Anonimo vengono presentate tre pagine di grande potenza espressiva per cembalo solo. L’aria di Galuppi Qual colomba afflitta è giunta a noi solamente in veste strumentale. Fa parte di una ponderosa raccolta di arie d’opera, edite a Londra a metà del ‘700 da John Walsh, selezionate e trascritte per traversiere e basso continuo da Carlo Maria Broschi (1705-1782), il famoso castrato detto “il Farinelli”. All’epoca era ancora pratica comune eseguire le composizioni vocali - come arie d’opera o tratte da cantate, le brunettes francesi o le canzoni da battello - in semplice veste strumentale, come avveniva in epoca rinascimentale: una radicata prassi tradizionale con la quale si è pensato di eseguire anche le arie Usignoletto bello di Vivaldi e L’augellin trà verdi fronde di Conti. Il brano di Händel As when the dove laments appartiene invece ad una raccolta di trascrizioni per traversiere e cembalo, edita sempre da J. Walsh a Londra. Nell’ambito di questa libera forma esecutiva si colloca anche l’aria Porquoy doux rossignol del compositore Jean-Baptiste de Bousset (1662 - 1725), brano molto popolare alla corte del Re Sole. Si tratta di una magnifica aria che Jacques Hotteterre trascrisse per traversiere e basso continuo, contribuendone alla fama e alla diffusione. The Delightful Pocket Companion for the flute, da cui è tratta la Polonese di autore ignoto qui eseguita sul flauto d’amore, è un vademecum tascabile in più volumetti edito a Londra - senza data - da Robert Bremnen. Al suo interno sono raccolti centinaia di brani originali e trascritti destinati ai numerosi flautisti dilettanti, sempre più avidi di repertorio per il loro strumento. Il tema di questa Polonese, movimento di danza polacca in tre quarti, è il chiocciare della gallina, tanto che con un gioco di parole potrebbe essere rinominata Pollonese. Il CD si conclude con il celebre Cantabile dal concerto Op. X n. 6 “Il Gardellino” di Antonio Vivaldi, la cui melodia pura e lineare viene in questo cd fiorita, durante i ritornelli, nello stesso spirito capriccioso del brano di Alessandro Speranza: e così, oltre al tipico richiamo arpeggiante del cardellino, si può ascoltare l’imitazione di una miriade di uccelli cinguettanti, tributo alla grandezza della Natura, con un tripudio di note e suoni che ha l’intento di trasportarci in un mondo di emozioni e bellezza. Mario Folena

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Sergej Rachmaninov - Études Tableaux

Sergej Rachmaninov - Études Tableaux

€ 18,00

Sergej Rachmaninov - Études Tableaux   INTRODUZIONE DI EDOARDO BROTTO Gli Études Tableaux, miniature-capolavoro di una straordinaria bellezza armonica, di forma, di scrittura, di sintesi, di immagini che sono in grado di evocare e…di una straordinaria difficoltà musicale e tecnica. Non voglio aggiungere altro, la musica è meravigliosamente descrittiva ed è giusto che sia l’ascoltatore a creare i suoi mondi e a percepire i quadri che ogni brano dipinge. Nonostante il repertorio sia noto agli appassionati, questo è un disco particolare e, contrariamente allo standard, ve lo racconto in prima persona. Non avevo il coraggio di suonare gli Études nemmeno quando facevo il pianista a tempo pieno, nonostante avessi sotto le mani le maggiori opere di Rachmaninov, compreso il suo formidabile terzo concerto. Ho pensato invece di studiarli e inciderli quando la vita si è fatta molto più complessa; ingegnere di giorno, pianista di notte. Non voglio mentire dicendo che conciliare le due cose sia facile, non lo è. Suonare a livello da incisione è già di per sé una grande sfida, aggiungere un lavoro complesso da tutti i giorni, rende il tutto eccezionalmente provante. Queste righe fungono da contesto al concetto fondamentale che desidero passi a chi leggerà queste parole: è possibile porsi e centrare obiettivi apparentemente impossibili in un contesto di vita già più che piena. E lo dico perché vale la pena, qualunque cosa si scelga. Le sfide, vinte o perse, ci regalano insegnamenti preziosissimi in primis sul nostro io, sui nostri limiti che puntualmente si riveleranno errati, e poi ci donano una magnifica ondata di conoscenza nuova, ad ampio spettro. Quello che ci vuole è una buona dose di volontà inossidabile, una predisposizione a resistere alla fatica, a volte alla sofferenza, e non farsi mai distrarre dall’obiettivo primario. E un’altra cosa scrivo, non accontentarsi mai di imparare, studiare, sfidarsi, migliorarsi. Perché la soddisfazione è la morte del desiderio. Ora, venendo alle particolarità di questo disco, cominciamo col fatto che il pianoforte utilizzato per l’incisione è il mio personale: un meraviglioso Bechstein D282 che io chiamo Albus. Un sogno di una vita intera, durato più di vent’anni, diventato realtà. Albus mi è stato consegnato direttamente da Berlino questo aprile (2023) e la sua inaugurazione è stata proprio l’incisione di questo disco. La preparazione e accordatura del pianoforte per l’incisione, l’ho curata personalmente. Altro fatto peculiare è che questo disco l’ho registrato io. Con ciò intendo proprio che il lavoro di sound and balance engineer (posizionamento dei microfoni, bilanciamento, trattamento acustico e registrazione) l’ho svolto personalmente. Avevo in mente una ripresa che fosse il più fedele possibile al suono dello strumento, estremamente dettagliata e precisa, con particolare attenzione dedicata ad ottenere una perfetta immagine sonora. La scelta è ricaduta inevitabilmente su elettroniche di assoluta eccellenza e dalla caratteristica di una risposta in frequenza lineare e timbrica neutra: microfoni Sennheiser e Schoeps, omnidirezionali e sub-cardiodi per una grande presenza e cristallina pulizia, preamplificatori Millennia e Rupert Neve che garantissero la minor alterazione possibile del segnale nativo, cavi di segnale all’altezza dei componenti citati. Anche questo è il frutto di anni di studio, di esperienza e di errori; un doveroso grazie va ai preziosi insegnamenti del mio produttore Marco Lincetto al quale ho poi lasciato le tracce finite. Nelle sapienti mani di Marco ho affidato la delicata fase di missaggio e mastering, rigorosamente in catena analogica, come piace a me. Il risultato è una registrazione con un suono naturale e di grande impatto che, con un impianto ben costruito, vi fa entrare il pianoforte in casa, in tutta la sua gloria. Riguardo la scelta dei brani e del loro ordine, è da molto tempo che intuitivamente avevo immaginato questa esatta sequenza. È un percorso di suoni e di immagini che nella mia testa si è sviluppato proprio così, che amo particolarmente e pertanto, non necessiterebbe di ulteriore illustrazione. Ciononostante, aggiungo che da persona che naturalmente percepisce e immagina mondi astratti, al di là delle immagini che questi brani-quadro evocano, la loro sequenza, per spiegarla a parole comprensibili, mi ricorda una bellissima iterazione di funzioni sinusoidali in tre dimensioni spaziali e una temporale, traducibile in un lenzuolo di puro spazio che si muove sinuosamente, avvolgendoti a volte, intervallando momenti di grandissimo impeto ad altri di profonda riflessione, a volte sgomenta, ma in ogni caso intima. A fronte dell’incisione integrale, l’aver estratto questi dodici brani in questo esatto ordine, non ha fatto altro che confermare quell’intuizione avuta molto tempo addietro. Raccomando un ascolto di filato per comprendere al meglio quanto scritto sopra. Rachmaninov e io. Si potrebbe dedicare l’intero libretto solo a questo tema. Semplicemente, per concludere, la sua musica è la mia anima gemella in musica. Ho dedicato gli ultimi quindici anni a studiare e suonare le sue opere. Il suo linguaggio è talmente parte di me che ho inciso un intero disco (Within & Without – Homage to Rakhmaninov) che raccoglie una serie di mie composizioni originali dedicate al grande maestro. Con questo invece, voglio rendergli di nuovo omaggio suonando la sua di musica, per celebrare il 150simo anniversario della sua nascita.  

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Two For The Road (LP 180 GR + CD + FILE HD)

Two For The Road (LP 180 GR + CD + FILE HD)

€ 49,00

Two For The Road (PROMO 39€ SOLO FINO AL 30/11/24) (LP 180 GR + CD* + FILE HD*) Chiara Pastò, Francesco Pollon *Il CD (NO JEWEL BOX) e i file HD sono all'interno del vinile. LA MEGLIO GIOVENTU’ di Marco Lincetto Chiara Pastò arriva finalmente a realizzare un disco di Jazz. Al quarto lavoro discografico, tutti realizzati con la mia etichetta Velut Luna e con me come produttore, la giovane, brillante, cantante padovana affronta ormai nel pieno della sua maturità artistica e vocale il suo “territorio d’elezione” a cui ha lavorato lungo tutto il suo percorso accademico e che ha praticato in molte occasioni concertistiche. Il repertorio di questo disco presenta alcuni famosissimi standard, come la title track o Round Midnight, ma anche una originalissima escursione nel celeberrimo brano di Astor Piazzolla, libertango, a cui la stessa Chiara dona un affascinate testo inedito. E poi un suo brano originale, scritto con Enrico Santacatterina, Just A Smile, che è un suo cavallo di battaglia di area pop, per così dire, oggi riletto in chiave di standard jazz. Un disco completo e maturo, che viene esaltato dalla sapienza pianistica, dal gusto sopraffino, condito da una tecnica mirabile di Francesco Pollon, forse il più rappresentativo pianista jazz italiano della giovane generazione, che attualmente vive ed opera a New York, dopo aver lì conseguito un prestigioso master alla Manhattan School Of Music - Jazz Arts. Insomma... I giovani, grandi musicisti, esistono ancora, e più che mai, in Italia: basta dare loro lo spazio che si meritano!    

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PROJECT ONE (LP 180 GR + CD + FILE HD)

PROJECT ONE (LP 180 GR + CD + FILE HD)

€ 59,00

PROJECT ONE (LP 180 GR + CD* + FILE HD*) Marco Lo Muscio, David Jackson, John Hackett, Steve Hackett *Il CD (NO JEWEL BOX) e i file HD sono all'interno del vinile. "Project One": un progetto discografico Velut Luna che nasce grazie all'amicizia ed alla lunga collaborazione musicale ed artistica del M° Marco Lo Muscio con tre nomi iconici della musica Progressive e contemporanea: David Jackson, John Hackett e Steve Hackett. Il progetto è un grande omaggio, con arrangiamenti totalmente acustici, ai vari stili della grande musica del '900 e contemporanea. L'impianto base vede il suono gotico e sinfonico dell'organo a canne amalgamato insieme alla potenza dei sassofoni di David Jackson. La chitarra di Steve Hackett ed il flauto di John Hackett aggiungono il tocco finale in alcuni speciali arrangiamenti nati appositamente per questo progetto discografico. I compositori scelti provengono dal mondo della musica del '900 e contemporanea (Benjamin Britten, György Ligeti, Aaron Copland, George Martin e Marco Lo Muscio), delle colonne sonore (Wojciech Kilar), del Jazz moderno (Jan Garbarek) e del Progressive (King Crimson, Genesis, Van Der Graaf Generator, Emerson Lake & Palmer, Pink Floyd, David Jackson e Steve Hackett). L'ascolto in chiave acustica di queste musiche farà scoprire nuove sfumature e dettagli; si potrà capire anche quanto la musica Progressive interpretata in questa chiave sia effettivamente molto vicina ed influenzata dalla musica classica del '900. Infine la risaputa grande qualità delle registrazioni Velut Luna di Marco Lincetto offriranno un'incredibile gamma sonora nell'ascolto di questo originale ed unico progetto discografico!    

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AMBRA

AMBRA

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Lucia Minetti, straordinaria interprete, voce importante della scena italiana, insieme a Andrea Zani al pianoforte e a Martino Maina al violoncello, musicisti solidi, sensibili e curiosi verso la musica tutta rilegge in chiave cameristica brani d’autore, vere perle della canzone (italiana, francese, brasiliana, argentina, spagnola) con intensità e grande personalità espressiva. Un trio che valica i confi ni di genere con curiosità formato da musicisti con percorsi musicali diversi. Interpreti preparatissimi, duttili e consapevoli ognuno del proprio strumento. Lucia Minetti, cantante amata da registi e autori che le hanno dedicato musiche e liriche è nota per la vastità dei suoi repertori, l’intensità delle sue interpretazioni e l’ uso sapiente di dinamiche e colori. E’ stata definita da Lidia Ravera “Mezzo soprano e mezzo angelo del cielo” e da Giorgio Gaslini “La migliore nuova interprete della canzone d’autore”. Crowdfunding Project - Very special thanks to our supporters: Gian Carlo Ariosto, Marco Luca Bovati, Daniele Guarise, Paolo Marchetti, Fabio Seretti, Fabio Borelli, Simona Amodio, Brunella Pugnaloni, Pietro Asolari, Alessandro Belli, Gaetano Laureanti, Sergio Boretto, Raffaele Biolcati, Davide Saronni, Giovanni Cornara. Un grazie anche a Luca Turolla. Lucia Minetti, voce / Andrea Zani, pianoforte / Martino Maina, violoncello  

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Sonriendo te vas

Sonriendo te vas

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Testi e musiche di Andrés Saorin Martinez e Alejandro Saorin Martinez Arrangiamenti di Alejandro Saorin Martinez musicisti: Andrés Saorin Martinez: Soloist voice and backing vocals Richie Gajate Garcia: Congas , Timbales and drums Marco Catinaccio: Bongo and Bell by hand Pasquale Cosco: Electric Bass and Baby Bass Andres Andreoli: Trombones Davide Guidoni: The Trumpets Giovanni Forestan: The Saxophones Alejandro Saorin Martinez: backing vocals Maximo Estupiñan Hurtado: choirs   Registrazione e mix originali a 88.2kHz/24bit di Alejandro Saorin Martinez presso ASM Studio, Padova, Italia, utilizzando microfoni tubolari RIBERA R47 e console analogica IPA. Masterizzazione analogica di Marco Lincetto presso VELUT LUNA STUDIO, Naquera, Spagna, utilizzando la console analogica Rupert Neve Design e dispositivi esterni analogici Maselec. Conversione finale con PRISM SOUND AD2 DREAM in 88.2/24   Produzione: MARCO LINCETTO, Spagna Produttore esecutivo: Marco Lincetto Produzione, registrazione e missaggio: Alejandro Saorin Martinez Masterizzato da: Marco Lincetto Design e layout: L'Image   Questo è un disco di pura musica latina moderna. Tutte le canzoni sono originali e composte e interpretate dal giovane cantante e chitarrista italo-argentino Andrés Saorin Martinez , accompagnato da una band latina che vede tra i protagonisti il grande percussionista cubano Richie Gajate Garcia, già percussionista con Tito Puente e molti altri grandi musicisti di jazz latino.  

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ViPerArp Trio

ViPerArp Trio

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01 - Bohemian Rhapsody (Queen) 6:32         Freddy Mercury 02 - Paint It Black (The Rolling Stones) 3:56           Mick Jagger, Keith Richard 03 - Always Remember Us This Way (Lady Gaga) 3:27         Lady Gaga 04 - Firth Of Fifth (Genesis) 7:47         Peter Gabriel, Steve Hackett, Mike Rutherford, Tony Banks, Phil Collins 05 - Resistance (Muse) 6:01         Matthew Bellamy 06 - Can't Help Falling In Love (Elvis Presley) 4:14         Hugo Peretti, Luigi Creatore, George David Weiss 07 - Stairway To Heaven (Led Zeppelin) 7:50         Jimmy Page, Robert Plant 08 - Your Song (Elton John) 5:28         Elton John, Bernie Taupin   Total time: 45:20   ViPerArp Trio Varina Fortin, violin Lucia Stone, harp Marica Veronese, percussions   24bit / 88.2kHz original digital recording made at Magister Area Recording, Preganziol, Italy, on July 5, 6, 7, 2022   Production: VELUT LUNA Executive producer: Marco Lincetto Balance recording and mix engineer: Marco Lincetto Musical producer: Mattia Zanatta Editing engineer: Mattia Zanatta Final and fine editing: Andrea Valfrè Mastering engineer: Marco Lincetto Photo: Marco Lincetto Design and layout: L'Image Social media manager: Massimo Corvino   "Ci sono due tipi di musica: la buona musica e tutto il resto" Edward Kennedy "Duke" Ellington Questa citazione del grande Duke si ritrova affermata da tanti altri acuti e attenti musicisti, pur con le più differenti varianti di forma, ma la medesima essenza sostanziale. Ad esempio, Adriano Lincetto, mio padre, diceva spesso che non esiste la "Musica Classica" o la "Musica Pop", o la "Musica jazz"... esiste solo la Musica Bella e la Musica Brutta. E infatti lui, grande pianista accademico, compositore, docente di pianoforte, amava indifferentemente, ad esempio, l'Appassionata di Beethoven, così come Yesterday dei Beatles o Sassi di Gino Paoli. Questo concetto è anche quello che ha principalmente istruito la mia scelta di fondare quasi trent'anni fa un'etichetta discografica alternativa alle scelte ingessate delle majors e comunque di tutti quegli operatori cosiddetti "mainstream". Un progetto come questo ViPerArp Trio rappresenta l'essenza più stretta e intima di questo ragionamento. Non è un progetto "provocatorio", anzi: si prefigge esattamente lo scopo di abbattere una volta di più le barriere fra i generi, con l'obiettivo di magnificare l'essenza stessa della Musica. Ho quindi personalmente scelto gli otto brani che compongono questo disco, tutti famosissimi e di "estrazione popolare", ovvero scritti e resi celeberrimi e immortali da autori e interpreti definitivi nell'immaginario popolare. Ho scelto questi brani e li ho affidati alle sapienti mani di un genio moderno della Musica come Oscar Del Barba, che ne ha fatto oggetto delle sue riflessioni e attenzioni. Il suo lavoro è stato quello di filtrare melodie, armonie e ritmi musicali, nativamente fissati e stabiliti in una direzione di genere precisa, attraverso le sue conoscenze e la sua sensibilità personale che passa senza alcuna soluzione di continuità, da Stravinsky ai ritmi Sudamericani, da Bartok a Charlie Parker, in un florilegio di colori ed emozioni nuove, ammalianti, assolute. Credo che questo lavoro possa rappresentare una sorta di perfetto paradigma tradotto in suoni della citazione iniziale di Duke Ellington. E spero che possa rappresentare un momento di svago, ma anche di crescita culturale per chiunque vorrà acquistarlo, ascoltarlo e gustarlo, mettendo da parte ogni pregiudizio e preconcetto strutturale.   Le interpreti di questa avventura hanno a loro volta saputo svestire i "panni di ruolo" di serissime musiciste "classiche" dal curriculum impeccabile, speso fra aule di Conservatorio e prestigiosi palcoscenici dei più noti teatri mondiali, hanno cioè saputo scendere dalla cattedra accademica che ne caratterizza le carriere principali, per trasformarsi in Muse di una Musica Nuova, che come amava dire il grande Maestro Ennio Morricone, potremmo definire Assoluta. I loro strumenti a volta si trasformano e trasfigurano in altro da sè, come il violino che a volte ammicca al suono della chitarra elettrica o di una tastiera vintage, o l'arpa che sa passare da pulsante motore ritmico a soave lira melodiosa e infine le percussioni infinite che fanno da contraltare e collante al lavoro delle altre due interpreti, non senza ritagliarsi a loro volta un ruolo solistico laddove meno te lo aspetteresti. Merito dunque a Oscar Del Barba che ha avuto la visione di tutto ciò su mia perversa ispirazione; e merito alle interpreti che hanno saputo uscire dal loro ruolo tradizionale e immedesimarsi al loro meglio possibile in questa nostra visione.   "There are two kinds of music: good music and all that" Edward Kennedy "Duke" Ellington This quote of the great Duke is found affirmed by many other acute and attentive musicians, although with the most different variations of form, but the same substantial essence. For example, Adriano Lincetto, my father, often said that there is no "Classical Music" or "Pop Music", or "Jazz Music"... there is only Beautiful Music and Ugly Music. And in fact he, great academic pianist, composer, piano teacher, loved indifferently, for example, the Beethoven Sonata "Appassionata", as well as Yesterday by the Beatles or Sassi by Gino Paoli. This concept is also the one that mainly instructed my choice to found almost thirty years ago an alternative record label to the plastered choices of the majors and all those so-called "mainstream" operators. A project like this ViPerArp Trio represents the narrowest and most intimate essence of this reasoning. It is not a "provocative" project, on the contrary: it aims precisely to break down once more the barriers between genres, with the aim of magnifying the very essence of Music. So I personally chose the eight songs that make up this album, all famous and of "popular extraction", that are written and made famous and immortal by authors and interpreters definitive in the popular imagination. I chose these pieces and I entrusted them to the wise hands of a modern genius of Music like Oscar Del Barba, who made them the subject of his reflections and attentions. His work has been to filter melodies, harmonies and musical rhythms, natively fixed and established in a precise genre direction, through his knowledge and his personal sensitivity that passes without any solution of continuity, from Stravinsky to South American rhythms, from Bartok to Charlie Parker, in a kaleidoscope of new colors and emotions, bewitching, absolute. I think this work can represent a sort of perfect paradigm translated into sounds of the initial quote of Duke Ellington. And I hope it will represent a moment of leisure, but also of cultural growth for anyone who wants to buy it, listen to it and taste it, putting aside any prejudice and structural preconception.   The performers of this adventure have in turn been able to undress the "role-playing roles" of serious "classical" musicians with impeccable curriculum, spent between classrooms of the Conservatory and prestigious stages of the most famous world theatres, that is, they were able to come down from the academic chair that characterizes the main careers, to become Muses of a New Music, which as the great Maestro Ennio Morricone loved to say, we could define Absolute. Their instruments turn and transfigure into something else on their own, like the violin that sometimes winks at the sound of the electric guitar or a vintage keyboard, or the harp that knows how to go from rhythmic engine button to sweet melodious lyre and finally the endless percussion that act as a counterweight and glue to the work of the other two performers, not without carving out in turn a solo role where you least expect. Thanks then to Oscar Del Barba who had the vision of all this on my perverse inspiration; and about the performers who have been able to get out of their traditional role and identify themselves at their best in this vision of ours.  

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Retrato Brasileiro

Retrato Brasileiro

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 41 anni in due...   Giuditta Franco è una cantante che ha appena compiuto 21 anni, che nasce in una famiglia di musicisti, che canta forse da sempre, ma che anche ha pensato di formare la sua voce, studiando in Conservatorio. La bellezza del suo timbro vellutato, aiutata da una tecnica vocale impeccabile, ci fa ricordare uno stile dimenticato, affabulatorio, che alcuni grandissimi del passato hanno fatto sì che nascesse anche una definizione precisa per questo modo di cantare, ovvero "crooner". E questi grandissimi vanno da Frank Sinatra, a Nat "King" Cole, a Tony Bennet, ma anche, al femminile, da Lena Horne, a Rosemary Clooney, fino alle famosissime Diana Krall e Norah Jones. Giuditta canta con timbro profondo, vellutato, caratterizzato da note basse suadenti e note alte scintillanti, ferme e mai aggressive e così ti accompagna in una dimensione di musica vera, armonicamente complessa, melodicamente ammaliante. Tutte caratteristiche che trovano autentica esaltazione e piena valorizzazione dal grande repertorio della bossanova classica.   Pietro Pasinato non è da meno. 20 anni, chitarrista eccelso che parallelamente ai rigorosi studi accademici al Conservatorio, ha sempre mantenuto curiosità e applicazione anche nei confronti di altri generi musicali, dal jazz, innanzitutto, alla musica brasiliana e perchè no, strizzando l'occhio al rock e al blues. La sua tecnica non teme rivali, è una tecnica "metabolizzata", che nonostante la giovane età consente a Pietro di potersi concentrare sulle nuances dello stile specifico che di volta in volta decide di affrontare: una sorta di Zelig elegantissimo al servizio della grande musica.   Giuditta e Pietro rappresentano un mix tanto perfetto quanto esclusivo nel panorama musicale dei giovani d'oggi. Per nulla servi di un sistema commerciale che li spingerebbe a muoversi in tutt'altri ambiti, sia a livello di contenuti che di spazi mediatici, loro hanno scelto invece di cavalcare la pericolosa tigre dei masterpieces del passato, un repertorio in cui tutti i più grandi di ogni tempo si sono già espressi. E' una sfida che io so essere già vinta e che non a caso ho deciso di fissare in un disco che lo farà capire anche a tutto quel pubblico più curioso e attento, lontano dalle sirene della comunicazione di massa.   Retrato Brasileiro è il titolo di una delle più famose canzoni scritte da Baden Powell che descrive perfettamente anche il senso di questo disco: un significato che nell'intimo è ancora meglio fotografato dalla canzone, famosissima "Chega de Saudade", ovvero "Basta Nostalgia" che nel testo originale è dedicata ad una donna. Ma noi vogliamo leggere un significato traslato di questo testo, dedicando l'affermazione "Basta Nostalgia" alla Grande Musica. Basta Nostalgia della Grande Musica Brasiliana dell'epoca della Bossa Nova, da parte di tutto quel pubblico stanco dei clichè di plastica imposti dal grande circo mediatico della contemporaneità: la Grande Musica ritorna e lo fa non con una vecchia gloria sul viale del tramonto, ma con due ragazzi giovanissimi che sanno ridare linfa vitale alle note vere, quelle che non moriranno mai. Buon ascolto!    

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Stick To Duke

Stick To Duke

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01 - Medley, 4:07 Night Time,  Edward Kennedy Ellington, Doris Julian, Billy Strayhorn Azure, Edward Kennedy Ellington, Irving Mills   02 - La plus belle Africaine, 6:05 Edward Kennedy Ellington   03 - Medley, 4:07 Dancers in Love, Edward Kennedy Ellington Jump for Joy, Edward Kennedy Ellington, Sid Kuller, Paul Francis Webster   04 - The Star Crossed Lovers, 3:26 Edward Kennedy Ellington, Billy Strayhorn   05 - Medley, 5:54 Pyramid, Edward Kennedy Ellington, Irving Gordon, Irving Mills, Juan Tizol Moonlight Fiesta, Irving Mills, Juan Tizol   06 - Awful Sad, 3:52 Edward Kennedy Ellington   07 - Fleurette Africaine, 3:56 Edward Kennedy Ellington   08 - Echoes of Harlem, 2:13 Edward Kennedy Ellington   09 - Pitter Panther Patter, 2:59 Edward Kennedy Ellington   10 - Duke Ellington’s Sound of Love, 4:10 Charles Mingus   Total Time, 40:55   SELFIE JUNGLE Federico Zaltron, violino Caterina Salizzato, violoncello Glauco Benedetti, tuba Federico Pierantoni, trombone Marcello Abate, chitarra   24bit / 88.2kHz original live-in-studio recording made at San Giacomo Spazio d'Arte Albignasego, Italia, on April, 30th, 2022     Production: VELUT LUNA Executive producer: Marco Lincetto Musical Producer: Marco Lincetto Balance, mix and mastering engineer: Marco Lincetto Pro Tools operator: Cristiano Zatta Video maker: Michele Zangrossi Cover art: Michele Bertoldi Design and Layout: L'Image   Selfie Jungle è un quintetto che onora e stravolge la musica dell’orchestra di Duke Ellington. Registrato con la tecnica del live-in-studio alla presenza di una manciata di selezionati ascoltatori, questo disco si avvale di un suono caratterizzato da straordinaria presenza e plasticità, con un'immagine sonora incredibilmente aderente alla realtà dell'esecuzione, di cui sopra potete vedere un'esauriente immagine fotografica. Timbrica, Immagine e Dinamica ai massimi livelli, per un disco imperdibile per ogni appassionato di grande musica, anche straordinariamente incisa. Selfie Jungle Quintet  pay  honor, but also upset the music of the Duke Ellington's Orchestra.  

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Liszt Piano Transcriptions, Eliana Grasso

Liszt Piano Transcriptions, Eliana Grasso

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L. van Beethoven - F. Liszt 1 - Allegretto dalla Sinfonia n. 7 in la maggiore Op. 92 (S. 464), 10:10 F. Schubert - F. Liszt  2 - Gretchen am Spinnrade (S. 558), 4:39 3 - Serenade (S. 560), 6:15 G. Verdi/F. Liszt 4 - Danza Sacra e duetto finale da Aida (S. 436), 11:13 F. Chopin - F. Liszt 5 - Mädchens Wunsch, da “Six chants polonais”( S. 480), 4:19 6 - Frühling, da “Six chants polonais” (S. 480), 2:40 R. Schumann - F. Liszt 7 - Widmung (S 566), 4:33 F. Liszt 8 - Mephisto Waltz n. 1, versione per pianoforte dell’autore (S. 514), 12:35   Total Time: 56:31   24bit / 88.2kHz original recording made at Laboratorio Zanta, Camponogara, Italy, on November and December 2021 Eliana Grasso plays on Steinway & Sons D274 Concert Grandpiano, tuned and prepared by Silvano Zanta   Production: VELUT LUNA Executive Producer: Marco Lincetto Musical producer: Eliana Grasso Recording, mix and mastering: Marco Lincetto Editing: Mattia Zanatta Cover photo: Marco Lincetto Design and layout: L'Image   Note critiche Di fronte al vasto catalogo di composizioni scritte da Franz Liszt e destinate ad arricchire il repertorio pianistico del XIX secolo ci si trova a dover constatare un maggior numero di opere basate su lavori di altri autori rispetto alle pagine di produzione propriamente originale. L’insieme dei diversi arrangiamenti, scritti durante tutto l’arco dell’attività compositiva dell’autore, rientrano all’interno di due categorie secondo la precisa volontà dello stesso Liszt, a cui si deve la prima distinzione terminologica: da una parte le trascrizioni, ovvero tutti quegli adattamenti pianistici in cui la partitura originaria viene mantenuta sostanzialmente inalterata; dall’altra parte le parafrasi, dei veri e propri esercizi di stile in cui il compositore si prende la libertà di variare il testo di partenza piegandolo alla propria velleità creativa. Sebbene siano stati più volte oggetto di aspre critiche da parte di alcuni esponenti della musicologia del primo Novecento (si veda il commento di Humphrey Searle, responsabile della catalogazione sistematica delle opere di Liszt: «potrebbe aver sprecato molto tempo su alcune di queste trascrizioni, ma almeno hanno fornito uno sbocco per la sua energia sovrabbondante», The Music of Liszt, London 1954), gli arrangiamenti prodotti dal compositore ungherese hanno contribuito alla divulgazione e alla promozione della musica di numerosi autori.   Faced with the vast catalog of compositions written by Franz Liszt and destined to enrich the piano repertoire of the 19th century, one finds a greater number of works based on the works of other composers than on the pages of his own original production. The range of different arrangements, written during the whole period of the composer's activity, fall into two categories according to the precise will of Liszt himself, to whom we owe the first terminological distinction: on the one hand, transcriptions, that is, all those piano adaptations in which the original score is maintained substantially unaltered; on the other hand, paraphrases, real exercises of style in which the composer takes the liberty of varying the original text, bending it to his own creative ambitions. Although they have often been the object of harsh criticism by some exponents of musicology of the early twentieth century (see the comment of Humphrey Searle, responsible for the systematic cataloging of the works of Liszt: "he may have wasted a lot of time on some of these transcriptions, but at least they have provided an outlet for his overabundant energy", The Music of Liszt, London 1954), the arrangements produced by the Hungarian composer have contributed to the dissemination and promotion of the music of many authors. ELIANA GRASSO Eliana Grasso, pianista, svolge attività concertistica in Europa e negli Stati Uniti in sale rinomate come la Carnegie Hall a New York, la Wigmore Hall a Londra, la Sala Verdi a Milano, la Royal Academy of Music a Londra, l’Heremitage di San Pietroburgo, Theatre La Filature di Mulhouse, la Sala Maffeiana del Teatro Filarmonico di Verona, il Teatro Sociale di Bellinzona, la Cappella Paolina del Quirinale a Roma, Bloomsbury Theater di Londra, Salon Chopin (Société Historique Polonaise) a Parigi, Palazzo Ducale a Mantova, Teatro Piccolo Regio a Torino e numerose altre. Debutta nel 1994 eseguendo il concerto in re maggiore di Haydn, diretta da Luca Pfaff con l’Orchestra Sinfonica di Mulhouse, ricevendo grandi consensi di pubblico e critica ("Eliana Grasso: encore petite et déjà si grande", l'Alsace, marzo 1994) con numerose orchestre quali l’Orchestra Magister Harmoniae, l’Orchestra Piccolo Auditorium Paradisi, l’Orchestra del Teatro Filarmonico di Verona, diretta fra gli altri da Piero Bellugi. Si esibisce regolarmente come solista e in formazioni cameristiche per le più importanti stagioni musicali italiane quali: MITO Settembremusica (Torino), Società dei Concerti (Milano), Società del Quartetto (Milano), Unione Musicale (Torino) Trame Sonore (Mantova), I Concerti del Quirinale (Roma), Polincontri (Torino), Rivolimusica, I Concerti dell’Università della Tuscia (Viterbo), Milano Classica, I Concerti del Pomeriggio del Teatro Alfieri (Torino), Fondazione William Walton (Napoli), Settembre Musicale Orta (Novara), Ravello Concert Society (Napoli), Concerti a Palazzo Labia (Venezia), Teatro Torti (Bevagna). Si è anche esibita in Norvegia, Russia, Stati Uniti, Francia, Svizzera, Spagna, Inghilterra e Romania. Collabora stabilmente in duo con il flautista Romano Pucci (primo flauto Teatro alla Scala di Milano), a quattromani e due pianoforti con la pianista Irene Veneziano ed esplora il repertorio liederistico con la soprano Susanna Rigacci. E’ stata premiata in numerosi concorsi: a 13 anni si classifica terza assoluta al Concorso Internazionale di San Pietroburgo, da allora si classifica prima assoluta in numerosissimi concorsi italiani: Stresa, Premio J.S. Bach, Premio Kawai, Premio Clementi e molti altri. Più recentemente, nel 2014 è vincitrice assoluta del Concorso Internazionale Festival di Bellagio. I suoi concerti sono stati trasmessi in diretta da emittenti radiofoniche quali Rai Radiotre, è recentemente stata ospite della trasmissione “Il Pianista” in onda su Radio Classica. Per l’etichetta Velut Luna ha già registrato “Sortilèges” con musiche di Ravel e Saint Saens in duo con I. Veneziano (“le due musiciste diventano un solo organismo e danno espressione a tutto il fascino di questa musica” Suonare, 2015). Diplomata con il massimo dei voti presso il conservatorio “G. Verdi” di Torino, e premiata con la borsa di studio “Lascito Piacenza” per il miglior esame conclusivo, prosegue gli studi presso l’Accademia “Incontri con il Maestro di Imola”, dove studia con F. Scala, R. Risaliti, P. Masi. Si perfeziona anche con K. Bogino, E. Arciuli, P. Badura-Skoda, M. Damerini, A. Lucchesini, S. Gadžijev, J. Swann, P. De Maria, L. Pogorelich. Ha affiancato all’attività concertistica l’attività di docente e pianista collaboratore stabile presso l’Accademia del Teatro alla Scala di Milano dal 2010 al gennaio 2021. Attualmente insegna Pratica e Lettura Pianistica e Pianoforte presso il Conservatorio “Franco Vittadini” di Pavia. Eliana Grasso, pianist, has performed in Europe and in the United States in important concert halls such as Carnegie Hall in New York, Wigmore Hall in London, Sala Verdi in Milan, Royal Academy Music in London, Heremitage in Saint Petersburg, Theatre “La Filature” in Mulhouse, Maffeiana Hall in Verona, the Social Theatre in Bellinzona, the Pauline Chapel in Rome, Bloomsbury Theatre in London, Salon Chopin (Société Historique Polonaise) in Paris, Ducal Palace in Mantova, Piccolo Regio Theatre in Turin and many others. She makes her debut in 1994 playing Haydn’s D major concert with the Symphonic Orchestra of Mulhouse, directed by Luca Pfaff, warmly received by public and critics alike ("Eliana Grasso: encore petite et déjà si grande", l'Alsace, March 1994). She performs as a soloist with several orchestras such as: Magister Harmoniae, Orchestra Piccolo Auditorium Paradisi, Verona Philharmonic Orchestra, directed among the others by Piero Bellugi. She performs regularly as a soloist and with chamber ensembles for some of the most important Italian festivals and music seasons such as: MITO Settembremusica (Turin), Società dei Concerti (Milan), Società del Quartetto (Milan), Unione Musicale (Turin) Trame Sonore (Mantua), I Concerti del Quirinale (Rome), Polincontri (Turin), Rivolimusica, I Concerti dell’Università della Tuscia (Viterbo), Milano Classica, Afternoon Concerts at Alfieri Theatre (Torino), William Walton Foundation (Naples), Settembre Musicale Orta (Novara), Ravello Concert Society (Naples), Villa Torlonia (Rome), Palazzo Labia (Venice), Torti Theater (Bevagna). She has also performed in Russia, United States, France, Switzerland, England, Romania. She plays stably in various chamber music formations: in duo with flutist Romano Pucci (first flute La Scala Theatre in Milano), four hands and two pianos with Irene Veneziano and explores liederistic repertoire with soprano Susanna Rigacci. She has won prizes in several Music International Competitions: she wins the Third prize at EMCY St. Petersburg International Piano Competition and First Prize in New York’s Golden Classical Awards. Furthermore, she wins First Prize in important Competitions in Italy: Stresa, J.S. Bach Prize, Kawai Prize, Clementi competition and many others. More recently, in 2014, she wins First Prize in the International Competition “Festival of Bellagio”. Her concerts have been broadcasted live by important radios such as Rai Radiotre, recently she has been interviewed for “The Pianist”, live on Classica Radio Milan. For Velut Luna she has released “Sortilèges”, music by Ravel and Saint Saens with pianist I. Veneziano (“the two musicians become one and give expression to all of the fascination of this music” Suonare, 2015) In 2000 she obtains her diploma in the Conservatory of Turin with full marks, in 2005 she obtains her Master’s degree in piano performance, winning the prize “Lascito Piacenza” for the best final exam piano recital. She continues her studies at the Academy of Imola with Franco Scala, Piernarciso Masi and Riccardo Risaliti. She also studies with: K. Bogino, E. Arciuli, P. Badura-Skoda, M. Damerini, A. Lucchesini, S. Gadžijev, J. Swann, P. De Maria. Together with her concert activity, she has worked as collaborative pianist for the Academy of La Scala Theatre of Milan, today she is Piano Professor at Conservatory “F. Vittadini” in Pavia  

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